giovedì 15 luglio 2010


Desiderare, in un mondo difficile

Un desiderio molto forte. E non sa dove metterlo, come sistemarlo. È disordinato e ingombrante. Ma dolcissimo e inebriante. Un desiderio desideratissimo. Lei se lo sogna la notte e ne parla quasi tutti i giorni al malcapitato di turno, alle amiche che ci sono già passate, con le quali si sente chissà con che diritto libera di scatenare tutta la sua ansia repressa (A te come è andata? Ma quanto fa male da uno a mille milioni di trilioni?? Ma poi come si fa a conciliare tutto? Ma come fai? Ma a te qualcuno ti aiuta!!?) e a quelle che invece, non si spiega come, manco se lo sognano, e farebbero volentieri a meno di certi discorsi, con i quali imperterrita le assilla; a sua madre (Ma tu cosa ne pensi? Sono un’incosciente se lo faccio? Posso contare su di te?); addirittura al cane (Ma quanto vi vorrete bene, e quanto andrete d’accordo? Ti farà qualche dispetto ma so che sarai una brava cagnolona e me lo tratterai coi guanti). E poi naturalmente al suo Lui. A dire il vero con Lui se lo sognano anche di giorno. È nelle loro infinite chiacchierate sul letto disfatto, o sul divano scomodo, o nella vasca da bagno troppo corta che si ostinano a condividere. È nelle loro battute più stupide sul futuro, nei progetti per l’acquisto di una casa nuova, nelle ipotesi e nelle congetture speranzose (“speriamo che non prenda i capelli del papà – calvo, ndr – o il naso della mamma" che da qualche tempo, chiedetelo alla scienza, se sa dare una ragione, pare stia inesorabilmente lievitando…"speriamo che prenda i capelli della mamma e il naso del papà, e le tette della mamma e non del papà possibilmente"). È nell’organizzazione per quello che potrebbe essere il loro ultimo viaggio all’avventura, vissuto con intima malinconia mista a una frizzante energia che scaturisce dal profondo e che va a finire lì, dove lei lo perde del tutto. Nell’assoluto e infinito ignoto.

Proprio laddove il sogno diventa più realistico, incredibilmente perde di spessore e diventa come rugiada intangibile.

Ma se lei esce di casa alle 8 di mattina e torna, per gentile concessione del fato, alle 7 di sera; se, nonostante questo, guadagna 1000 euro al mese, sempre per gentile concessione; se il suo Lui è impiegato in ennemila lavori ma comunque quello principale oggi c’è-domani forse anche-dopodomani chissà; e se dal canto suo Lei ha un contratto a scadenza né troppo breve né troppo lunga; se tornando a casa alle 7 di sera trova pile da stirare, la casa da rassettare, la cena da cucinare, il corso di spagnolo e quello di yoga da seguire, e alla fine non stira, non rassetta, spesso non cucina, e se proprio c’ha voglia di stendersi sul letto salta pure yoga e spagnolo, e comunque se stira non rassetta e se cucina non va a yoga, e se va a spagnolo non stira, e la tiritera si ripete così all’infinito per tutta la settimana, e menomale che l’esperto nel fare la spesa è Lui perché se no lei entrerebbe in politica solo per farsi aprire un 7 Eleven sotto casa; e se anche volendo – e generalmente non vuole – comunque non avrebbe tempo di fare tutto, prova ne è che si ritrova a scrivere qualche riga a quest’ora improponibile (l'ora di stesura è diversa da quella di pubblicazione -ndr) per una che domani si deve alzare alle 7, e uscire alle 8, appunto! E se anche se volesse scrivere in pausa pranzo non potrebbe, che un’ora non è mai abbastanza per scaldarsi il pranzo, ingurgitarlo, fare due chiacchiere coi colleghi, prendere un caffè con annessa dose di nicotina, socchiudere gli occhi per un millesimo di secondo almeno, nell’infondata speranza di trovare un millesimo di secondo di ristoro, lavarsi i denti e tornare in ufficio. Specie quando quell’ora si dimezza per la minchiata dell’ultimo secondo. Oltretutto lei fa pure un lavoro frenetico. Che aggiunge un altro "se" alla lista.

Gli interrogativi sono un’onda incontrollabile, specie per una mente rimuginante e perversa come quella che malauguratamente alberga nella sua calotta cranica.

Di conseguenza la decisione è non porsi più domande a cui non c’è risposta, non impostare più fantasiose equazioni spazio-temporali che nemmeno Margherita Hack riuscirebbe a risolvere. Ma vivere. E raccontare cosa significa desiderare di essere una mamma, con tutti questi “se”, in questo mondo difficile.

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